Qualche giorno fa ho avuto la possibilità di osservare e capire cosa succede ai bambini immigrati che devono essere inseriti nel sistema scolastico bavarese, un sistema che, secondo il parere di molti tecnici e di molti genitori, è molto rigido, competitivo e selettivo con poche possibilità di integrare veramente i bambini che non conoscono la lingua tedesca e che non appartengono ad una certa classe sociale.
Nell’aula di una scuola di un quartiere periferico di Monaco, sono stati invitati i genitori e i bambini che a settembre dovrebbero iniziare la scuola elementare.
Le insegnanti si sono preoccupate di accogliere bene i genitori disorientati e richiesto la presenza di traduttori per accertarsi che comprendessero bene le indicazioni relative al futuro percorso scolastico dei loro figli. I bambini, intanto, venivano invitati in un’altra stanza per fare alcuni esercizi o test di ingresso.
Come sempre i bambini, anche se non conoscono bene la lingua del loro interlocutore, accettano di buon grado le novità e socializzano facilmente con i loro pari mostrando entusiasmo e grandi sorrisi.
Meno felici (direi anzi preoccupati) sembravano i genitori che dovevano compilare vari moduli nei quali si chiedeva, in modo abbastanza tendenzioso, notizie precise sui propri figli.
Dico questo perché ho avuto la netta sensazione che, dalle domande poste, si volesse individuare un problema inesistente; un motivo insomma che giustificasse un trattamento diverso dagli altri bambini tedeschi o che parlano bene la lingua.
La mamma italiana che avevo di fronte, continuava a dire che suo figlio era normale e che non capiva la ragione di questi numerosi test o perché la indirizzavano continuamente a fare analisi mediche e psicologiche. Certo in famiglia non parlano il tedesco perché sono qui solo da due anni, ma il figlio andando all’asilo aveva imparato subito a parlare nella nuova lingua. Io stessa ho potuto osservare che si rivolgeva alle insegnanti e agli altri bambini in tedesco.
Essendo stata io stessa insegnante e avendo avuto nelle mie classi bambini di varie classi sociali e di varie nazionalità e sapendo bene la facilità con cui apprendono i bambini, mi sono chiesta perché in un Paese come la Germania, all’avanguardia in tanti campi, non sa come trattare questi bambini e non sa come integrarli nelle proprie scuole.
Si cerca prima di tutto di medicalizzare piuttosto che stimolare alla conoscenza della lingua, inserendoli da subito nelle strutture educative ad esempio; questo permetterebbe sicuramente di aprire, insieme alla socializzazione, tante porte di conoscenza e di integrazione.
In quel momento ho pensato all’operato di un grande maestro e pedagogista italiano : Alberto Manzi. Tutti i bambini che hanno avuto la fortuna di averlo come maestro sanno che, per la loro formazione, lui ha dedicato una vita intera e che ha saputo integrare qualsiasi bambino, anche quelli che gli altri insegnanti non volevano nelle loro classi perché “irrequieti” e che oggi vengono facilmente definiti “iperattivi”.
Il maestro Manzi non valutava i suoi ragazzi e quando era costretto a compilare le pagelle su ognuna scriveva: “Fa quel che può e quel che non può non fa” perché non voleva bollarli a vita e voleva premiare i loro sforzi.
E che dire di Don Milani, altro insegnante fantastico che in “Lettere ad una professoressa”, denunciava insieme ai suoi allievi un sistema scolastico che favoriva solo le classi più ricche e lasciando gli altri nell’analfabetismo.
Oggi i numerosi maestri di “strada” e tanti altri in Italia, nelle mille difficoltà fanno la stessa cosa perché credono che la formazione dei ragazzi e la cultura siano le cose più importanti nella vita delle persone.
Basti pensare alla commozione delle migliaia di persone che sono riuscite a prendere la licenza elementare grazie alle lezioni che il maestro Manzi riusciva a dare in televisione nella sua trasmissione “Non è mai troppo tardi”, su volere del ministro Moro preoccupato dell’analfabetismo di molti italiani.
E oggi cosa resta per i bambini immigrati? Cosa devono aspettarsi quando lasciano il loro Paese? Possono sperare di avere uguali opportunità degli altri bambini del Paese che li ospita?
Tra poco le elezioni europee vedranno gli aspiranti candidati in campagna elettorale con vari programmi. Possiamo cominciare a sperare di sentir parlare di questi argomenti? Si comincerà a pensare ad una vera Comunità Europea che vuole veramente integrare tutti i bambini e i ragazzi e accoglierli insieme alle loro famiglie?
E in Italia il nuovo governo saprà mettere nelle priorità gli investimenti nella scuola pubblica, nella sicurezza degli edifici scolastici e nella formazione degli insegnanti?
Un nostro grande scrittore Italo Calvino, diceva: “Un paese che distrugge la sua scuola non lo fa mai solo per soldi, perché le risorse mancano o i costi sono eccessivi. Un Paese che demolisce l’istruzione è già governato da quelli che dalla diffusione del sapere hanno solo da temere”.
A questo pensiero, che condivido in pieno, aggiungo che in un Paese o in una comunità che non sa integrare e accogliere i bambini, offrendogli tutti gli strumenti per far emergere i loro talenti e le loro capacità, ha perso in partenza e ipotecato male il futuro di tutta la società.